Presenta la mostra lo scrittore e curatore d'Arte Roberto Litta
Presso:
Art Gallery Gregorio VII Via Gregorio VII 27 4-274/a Roma
Opere della mostra collettiva in vendita
Neo Impressionismo
Quando nel settembre del 1896 il critico d’arte Felix Feneon coniò il termine neoimpressionismo, con quella parola intendeva sottolineare la differenza tra l’Impressionismo originario «romantico», e ilnuovo Impressionismo «scientifico».
Nel dicembre dello stesso anno fu usato anche dal giornalista Arsène Alexandre, consolidando così il nome di questa nuova corrente espressiva. Il pioniere di questo movimento fu l’audace Georges Seurat, che soleva definire la sua concezione tecnico-artistica “cromo-luminarismo” o “divisionismo”, proprio per chiarire il rispetto dei singoli spazi cromatici tra le diverse tonalità all’interno della stessa opera. Durante l’emergere del neoimpressionismo, Seurat e i suoi seguaci si sforzarono di superare in senso scientifico l’arte impressionista fatta di modi impulsivi e intuitivi. I neoimpressionisti usarono reti disciplinate di punti e blocchi di colore per concretizzare il loro desiderio di infondere un senso di organizzazione e permanenza. Nel dare ulteriore forma al movimento, Seurat ha fatto proprie le allora recenti teorie scientifiche sulla percezione ottica e cromatica. Gli studi sulla teoria del colore portati avanti da Michel Eugène Chevreul e dagli altri studiosi alla fine del XIX secolo ebbero un ruolo fondamentale nel plasmare lo stile neoimpressionista. L’uso efficace della tecnica puntinista facilitò l’ottenimento di un effetto luminoso particolare e, da lontano, i punti si fondevano mostrando la massima brillantezza e una maggiore aderenza alle condizioni di luce reali. In quegli anni la pittura si fa scienza, la sorprendente e veloce crescita scientifica della società francese incuriosì anche il mondo della pittura a tal punto di essere strumento base per quella corrente artistica. Non è un caso che Chevreul fu quello che influenzò maggiormente gli artisti dell’epoca; il suo maggior contributo riguardò la ruota dei colori primari e secondari, chissà se fu la sua profonda conoscenza della chimica a consentirgli una vita lunghissima, 103 anni, ed il suo nome meritatamente campeggia sulla Torre Eiffel. Nel suo non smettere mai di sperimentare scoprì così che due colori giustapposti, leggermente sovrapposti o molto vicini, avrebbero avuto l’effetto di un altro colore se visti da una certa distanza. L’influenza di questo movimento si rivela in diverse delle opere di artisti che abbracciarono la tecnica divisionista, tra questi ricordiamo Paul Signac, George Searut, Vincent van Gogh, Henri Matisse, Robert Delaunay e Pablo Picasso. Il nostro Pellizza da Volpedo applicò la tecnica a soggetti sociali e in tal senso si mossero anche Morbelli e Longoni oltre che Gaetano Previati. Coltivarono questo stile pittorico anche Camillo Innocenti, Eugenio Cecconi e Arturo Noci. Ecco perché gli artisti di questa mostra, ci raccontano la loro personale visione della realtà, le loro impressioni e le loro passioni fermate per sempre sulla tela. Quadri che raccontano angoli di cielo e spazi di vita, narrazioni sincere che portano con sé l’anima degli artisti. Opere che dimostrano la capacità di fermare le immagini viste con gli occhi e con il pensiero della loro realtà, apparentemente visibile a tutti ma celata dalla magia della esperienza umana, culturale e artistica di ognuno di loro.
Roberto Litta
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